TerraTERRA e le resistenze contadine negli ultimi anni

Tutto è cambiato e niente è cambiato.

Dopo quasi 4 anni, da un periodo storico che ci ha messo di fronte a situazioni quantomeno surreali, ci ritroviamo oggi ad analizzare quanto e se è cambiata la vita di noi comuni mortali. Essendo un collettivo autonomo agricolo, sicuramente il nostro punto di vista è più incentrato su come si resiste oggi, confrontandoci, in quanto piccole comunità che cercano di autodeterminarsi, sulla produzione di cibo, sulla distribuzione, sulla qualità delle relazioni, non solo tra chi vive in città e in campagna, ma piuttosto tra essere umano ed essere umano.

La questione dell’approvvigionamento al cibo sano, di qualità, avulso dallo sfruttamento di materie prime e di forza lavoro, che non prevede lo spargimento di sostanze chimiche (con la conseguente distruzione dell’ecosistema per essere prodotto), è un tema che ci riguarda tutti, per il semplice motivo che tutti mangiamo, ogni giorno! Se non si riesce a produrre il cibo da soli, la prima opportunità che si ha è quella di cercare qualcuno che lo faccia per noi e per il nostro nucleo familiare o comunità.

Oggi esistono molte forme di resistenza: C.S.A., G.A.S., ecc. Nel particolare, noi come collettivo di produttori continuiamo ad organizzarci per stare insieme nelle piazze, nei centri sociali, come mercato contadino. La formula che più ci si addice e quella che riteniamo più valida, per la quale abbiamo lottato e che ci è stata negata nel periodo di chiusura per il Covid, è lo stare insieme in piazza. Il mercato è da sempre centro di scambio di prodotti, saperi, strategie, emozioni. Attualmente, la situazione dei piccoli agricoltori non è delle più rosee, ma allo stesso tempo confrontandosi con altre categorie, è decisamente la migliore.

Il collettivo TerraTERRA da anni si fa portavoce di giustizia e dignità per chi sceglie di vivere coltivando la terra, autoproducendosi il più possibile ciò che serve per andare avanti e vivere. Il nostro collettivo nasce per garantire a chiunque coltivi la terra in modo sano, uno spazio e un luogo significante dove poter vendere le eccedenze o le produzioni, senza dover investire capitali. Lo Stato, infatti, non contempla la possibilità di vivere come piccoli produttori che si autosostentano e sostentano le comunità a loro vicine; le aziende, grandi o piccole che siano, in Italia devono produrre PIL, in qualsiasi modo, e questo vale anche per quelle agricole. Va da sé che per vivere dignitosamente, a fronte di tutti gli oneri da pagare, non ce la si fa con pochi ettari di terra. La soluzione da parte dello Stato è che si cambi metodo di produzione, senza badare a conseguenze che a lungo termine possono diventare catastrofiche per l’ambiente e per la salute di tutti gli esseri viventi.

Non esiste ad oggi una legge contadina che tuteli i piccoli agricoltori, in un paese come l’Italia che per conformazione geografica non prevede grandi aree da coltivare, la cui specialità al contrario è da sempre stata la diversità e la biodiversità: di terreni, di specie vegetali, di agricolturE, di costumi e dialetti diversi anche tra paesi distanti pochi km. In questo contesto di complessità climatico-territoriale-culturale si aggiunge il cambiamento climatico globale. Molte realtà non riescono a resistere perché a fronte di ore e ore di lavoro la ricompensa è ben poca: quando c’è un susseguirsi di estati tanto siccitose o primavere tanto piovose il risultato è la distruzione di interi raccolti di uva, lenticchie, olive ecc… e quando questo è un fenomeno che interessa tutta la penisola, i piccoli produttori non possono farci nulla. L’unica cosa che possono fare è andare a cercare lavoro da qualche altra parte. Infatti anche noi negli anni abbiamo subito molte perdite in questo senso: in molti hanno abbandonato per cercare lavoro da dipendente in chissà quale azienda. Ovviamente, più le persone lasciano la terra, più non si trova cibo di qualità.

Abbiamo problemi ad introdurre nuovi produttori all’ interno del nostro collettivo, quando fino a qualche anno fa le richieste di entrata erano tantissime.

Finiscono le energie per stare sul campo e insieme alle energie finiscono anche tutte le specie di vegetali che da anni abbiamo coltivato, selezionato e che si dovrebbero custodire come tesori, perché fanno parte del patrimonio storico-agricolturale del nostro Paese. Lo scambio di sementi antichi rappresenta attualmente l’unica forma di tutela delle specie botaniche adattate al nostro territorio e che man mano stiamo perdendo, a causa dei “miglioramenti genetici” che continuano imperterriti a fare colossi come la Monsanto/Bayer inquinando e riducendo così anche la biodiversità.

Nel mondo occidentale, il cibo, man mano che passano gli anni, arriva sempre di più da grandi centri di produzione, (vedi Almeria in Spagna), dove vengono prodotte le stesse quattro/cinque specie di cavoli per tutta la popolazione europea a discapito della tutela della biodiversità vegetale ed animale, a discapito di interi ecosistemi e territori. La società di oggi si fonda su grandi BUGIE che cercano di propinarci come vere ed indispensabili per giustificare i loro scempi: ad esempio, quando si parlava di guerra in Ucraina, veniva alimentata la paura per la quale tutta l’Europa avrebbe attraversato periodi di scarsità di farine e quindi di grano. Tutto questo è vero se l’economia di un Paese si basa solo su grandi produzioni intensive, ma la realtà e la verità sono altre: le piccole comunità resistenti alla carestia non ci pensano proprio, perché di anno in anno si riesce a stipare il grano che avanza per riseminarlo e per soddisfare il fabbisogno delle collettività. Inoltre, al contadino resistente poco importa dei prezzi delle verdure al supermercato, perché il raccolto è frutto esclusivamente del suo sudore e della progettazione a monte e non dell’utilizzo smodato di prodotti chimici che man mano aumentano di prezzo.

A TerraTERRA ci si scambia competenze, tempo, mutuo aiuto; si cogestiscono terreni per produrre e luoghi dove distribuire; si arriva al baratto, quello che nel mio terreno non cresce lo baratto col vicino. Salvadanai vuoti ma dispense piene di prodotti di altissima qualità che restano per scelta di facile accesso, perché per scelta non si vuole ripercorrere le strade dell’ industria del Bio, del quality food, dei bollini, dei certificati: per noi un pomodoro sarà sempre un pomodoro, con il giusto riconoscimento. Gruppi più o meno organizzati si sono presi sempre più lo spazio di cui avevano bisogno, per autogestirsi . Una tendenza che ancora è in aumento e che probabilmente non avrà fine, perché è l’unica via d’uscita dal tanto famoso: Produci-Consuma-Crepa.

TerraTERRA è un piccolo collettivo agricolo, che rappresenta una grande utopia che si realizza, grazie all’ unione delle persone che la frequentano e che cercano di coinvolgere sempre di più altri alla partecipazione perché consapevoli che da soli non si cambia il Mondo ma insieme tutto è Possibile.

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